J. Dilla: Still Shining Documentary

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James Dewitt Yancey è morto cinque anni fa esatti per arresto cardiaco. Soffriva di porpora trombotica trombocitopenica, un raro disordine del sistema circolatorio caratterizzato dalla coagulazione spontanea di piastrine e conseguente formazione di microtrombi nei vasi sanguigni di dimensioni più ridotte; il tutto complicato da lupus.
Aveva pubblicato da pochi giorni Donuts, (forse) il suo capolavoro.

Tre giorni fa sarebbe stato il suo trentasettesimo compleanno e per l'occasione il filmmaker Brian Atkins ha pubblicato su web un "documentario" realizzato a partire dal 2006, dal suo funerale. Sul suo tumblr Atkins scrive
This is not a “J.Dilla 101” documentary.
Non sono d'accordo: se Dilla è conoscibile attraverso il suo ultimo disco (non postumo), e lo è, allora è anche conoscibile attraverso questo tributo dedicato a chi già lo conosceva. Come Donuts è una raccolta di frammenti "sperimentali" (cosa in J Dilla non lo è?) prodotti a partire dal soul della sua infanzia a Detroit, così questo Still Shining è un collage di frammenti. C'è Dilla che parla, Dilla che suona, Bilal che parla di Dilla, Common che parla di Dilla, Questlove che parla di Dilla, Pete Rock che parla di Dilla, Erykah Badu che parla di Dilla, etc...

Io vorrei tantissimo scrivere un bel pezzo chilometrico su di lui, sul perchè sia così influente, sul perchè ce ne riempiamo così tanto la bocca anche noi che altro hip hop non ne ascoltiamo. Vorrei capire se mi piace perchè capisco il suono o se capisco il suono perchè mi piace. E se il suono di J Dilla sia veramente da capire o se sia meglio un ascolto che non lo segmenti nelle sue parti soul, funk, electro... Vorrei sapere tutto questo e vorrei dirvelo.

Ma ve lo dicono meglio loro che l'hanno amato e hanno lavorato con lui: Common, che guarda Dilla mettere su un LP e pensa "I'm blessed" per averlo come produttore (minuto 29:05); Questlove, che vi spiega la complessità di un beat di J Dilla (18:46); Moni Love, che semplicemente descrive la sua musica dicendo "whenever you listen to a Jay Dee beat you get the feelgood" e vi dà una dimostrazione di cosa "the feelgood" sia (8:05). E, a costo di essere patetici, ve lo fanno capire sua madre e sua figlia che al funerale tengono insieme il tempo di un suo beat (35:31).

Oppure, come dice un altro tizio a metà video, "let the music speak for itself": "Workinonit".

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